La separazione patrimoniale per gli Enti religiosi del Terzo Settore è stata confermata, ora è legge. Capiamo meglio.
Le attività di impresa sociale e Terzo Settore da parte degli Enti religiosi sono state avvolte da una nube di incertezza giuridica. Il tutto andava a colpire in maniera negativa l’accesso ai crediti bancari, una linea di confine poco chiara non dava la possibilità di comprendere fino a dove i creditori potessero spingersi per usufruire dei beni aggredibili.
Secondo quanto affermato dai D. Lgs. del 3 luglio 2017, n. 112 art.1 e n. 117 art. 4 le attività riguardanti l’impresa sociale e il Terzo Settore svolte dagli Enti religiosi civilmente riconosciuti necessitano l’obbligo di costituire un patrimonio ad esse destinato e di tenere separate scritture contabili.
Il dubbio: dalla derivazione di un patrimonio destinato segue la nascita di un’effettiva separazione patrimoniale?
Il legislatore prende in mano la problematica in questione e con il D. Lgs. 31 maggio 2021, conv. con l. 29 luglio 2021, n. 108, sancisce una soluzione definitiva.
La soluzione della divisione patrimoniale
L’intervento da la possibilità di delimitare in positivo il perimetro dei beni adoperati l’attività di impresa sociale e di Terzo settore e deroga al principio sancito dall’art. 2740, comma 1, c.c. Inoltre, la costituzione del patrimonio destinato deve essere fatta tramite l’indicazione dei beni nel regolamento con un atto distinto allegato, secondo quanto viene previsto dal regolamento del Runts ( Registro Unico Nazionale del Terzo Settore).
Quindi, a seguito dell’intervento del legislatore, non vi è dubbio che il patrimonio destinato creato dagli Enti religiosi sia diventato a tutti gli effetti un patrimonio separato.
Conseguenze della divisione patrimoniale
Si verificano due scenari:
- Primo: il patrimonio destinato risponde esclusivamente dei debiti dell’attività di impresa sociale o di Terzo Settore, quindi, l’attuazione della divisione patrimoniale definisce che sia l’esecuzione forzata sia l’attrazione alle procedure concorsuali si deve limitare ai soli beni e rapporti che fanno parte del patrimonio destinato.
- Secondo: Per quanto riguarda i creditori delle altre attività dell’Ente religioso, che siano di religione e di culto, non potranno aggredire il patrimonio dell’Ente destinato a impresa sociale o Terzo Settore. Si può dedurre, quindi, che nell’eventualità una banca dovesse finanziare attività di religione e di culto potrà avere la certezza che su tali beni non potrà avvalersi nessun altro creditore che finanzia attività di impresa sociale o Terzo Settore, e viceversa.